venerdì 17 ottobre 2025

Il mondo rosa e fucsia di Poochie


Se penso a una imponente campagna di merchandising degli anni ’80, la prima immagine che mi viene in mente è quella di Poochie e le sue codine di capelli fucsia, imponenza che si spiega facilmente con il fatto che Poochie è un personaggio della Mattel, una marchio che è una garanzia quando si tratta del lancio di un’icona e relativi gadget su scala planetaria. 
Poochie è una barboncina (“poochie” infatti deriva da “pooch”, cagnolino) dal pelo bianco, i già menzionati capelli fucsia, occhiali da sole viola e accessori dorati, che negli anni ’80 era amica fedele di ogni bambina che era capace di stare tranquilla seduta al tavolo a giocare con i timbrini tra un gira la moda e un sapientino, insomma, un target in cui personalmente non rientravo nella maniera più assoluta, con i miei capelli che mi facevano portare sempre corti (contro la mia volontà) e il Super Tele sotto il braccio. Cionondimeno mi piaceva disegnarla e ammetto che di recente, con lo stesso spirito di rivalsa per cui non taglio più i capelli, ho acquistato una bellissimissima t-shirt di Poochie che indosso con orgoglio (dovrò decidermi a fare un post su dove trovare tutte queste chicche). 
La gamma dei prodotti con l’icona di Poochie era quanto mai varia: giocattoli e peluche, zaini, borsette, cancelleria varia (quaderni, matite, righelli, astucci, diari, forbicine, porta scotch, pastelli …), scatole di latta, scatole porta merenda, scatole portasapone, accessori e cosmetici, portamonete, porta fazzoletti… persino un grembiule per pittura (potete gustarvi l’enorme varietà di tali oggetti visitando siti come ebay). Fra tutti i gadget, particolarmente popolari erano i Timbrini, con poochie o uno dei suoi amici per manico, fatti per stampare frasi affettuose come “Forever friends”, “Ti voglio bene”. La popolarità di Poochie, almeno qui in Italia, è stata tale e tanta da dedicargli una rivista “Poochie e i suoi allegri amici” che è stata stampata, udite udite, fino al 1997. A chi ha apprezzato questo post e vuole calarsi nei ricordi delle altre icone di quegli anni, consiglio questo post.




 

mercoledì 15 ottobre 2025

Hey, papà, guarda, un pollo!

Prendo in prestito il motto di un famoso spot degli anni 80 per introdurre questo simpaticissimo cartone animato americano che diverte già dalla sigla: Super Chicken (o Super Pollo). Prodotta da Jay Ward e Bill Scott, la serie ripercorre le avventure di un aristocratico ram-POLLO (è proprio il caso di dirlo) dal nome altisonante Henry Cabot Henhouse III (con tanto di maggiordomo, Fred) che all’occorrenza si trasforma in supereroe mascherato senza macchia e paura. Non vi ricorda per caso qualcuno? Tipo una certa coppia formata da Bruce Wayne e Alfred Pennyworth (…”Fred”)? O, volendo, da Ratman e Arcibaldo seppure quella di Ortolani sia un’opera posteriore e certamente parodistica? Vestito a metà tra D’Artagnan e Zorro, con i suoi stivali Wellington e il suo infallibile fioretto si lancia con la sua Batmobile, ehm, con la sua Super Coop (automobile a forma di uovo) all’inseguimento de più infami e improbabili criminali, augurandosi sempre che non ci sia nessuno a guardare i suoi passi falsi. Fred è il maggiordomo e compagno di disavventure: vestito in maniera molto casual per essere un ingessato maggiordomo, con sneakers e maglioncino a dolcevita con la stampa “F” della sua iniziale. E’ un ossimoro vivente in quanto leone e vegetariano: qui riconosco lo stesso umorismo che sta nel chiamare una puzzola Odie Cologne e infatti i produttori sono gli stessi di The Rocky and Bullwinkle show. Dinamica classica di cartoni come questo è quella di utilizzare dei tormentoni: frasi che vengono ripetute ad ogni episodio che ne diventano il marchio di fabbrica, forse il momento più atteso nella sua rassicurante ripetitività. In questo caso, ognuna delle 17 puntate si conclude con un Fred claudicante e scombussolato a cui il nostro Super Chicken  risponde con frasi che, con parole diverse, sempre intendono “lo sapevi che questo era un lavoro pericoloso e lo hai scelto lo stesso!”. Non tutti sanno, soprattutto al di fuori degli States, che il personaggio di Henry Cabot Henhouse è una citazione e parodia del politico e diplomatico Henry Cabot Lodge Jr, da cui mutua il nome e l’appartenenza elitaria. In generale, il cartone animato si fa beffe dei Boston Brahmins esponenti della crème sociale ed economica bostoniana di discendenza puritana e del gruppo sociale WASP (White Anglo-Saxon Protestant).  E' tutto dire che si Henry Cabot si trasformasse in Super Chicken bevendo Martini! Super Chicken era trasmesso come segmento all’interno del cartone animato George della Giungla – dalla formidabile sigla – insieme a Tom Slick. Che parta la sigla!

martedì 7 ottobre 2025

La zona crepuscolare

 "La zona crepuscolare", questo sarebbe il titolo, se tradotto letteralmente, della fantastica serie "The twilight zone" al pubblico italiano conosciuta come "Ai confini della realtà": questa volta, nel Paese di "Se mi lasci ti cancello" e altre licenze poetiche ridicole, non potevano scegliere un titolo più accattivante per una serie visionaria, creativa, innovativa. E' una serie in bianco e nero  prodotta tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60 ma che molti di noi, per ragioni anagrafiche, associano agli anni '80, quando è stata riproposta su Italia 1, dopo la prima trasmissione negli anni '60 su Mamma RAI. Sempre negli anni '80 fu prodotto l'omonimo film che riproponeva tre degli episodi della serie originale, un film passato alla storia anche per la tragedia consumatasi sul set che costò la vita, in modo a dir poco brutale, a Vic Morrow e ai piccoli attori vietnamiti Myca Dinh Le e Renee Shin-Yi Chen.

Ho recuperato e rivisto tutta la serie qualche anno fa e  - wow! - solo allora sono riuscita a cogliere quanto potenziale, quante idee e quanta creatività ci sia in ogni singola puntata: credetemi, non esagero nel dire che ogni singolo episodio ha potenziale sufficiente per creare una intera saga! Migrazioni planetarie, sistemi a due soli, scenari post-atomici, invasioni aliene, magia, occulto, illusioni, tecnologie avanzate, androidi, mistero, sogno, psichiatria, pazzia, paranormale, sensitività, viaggi nel tempo, questi e altri sono gli ingredienti di una serie assolutamente straordinaria per quei tempi.

Il mio episodio preferito è "Il tempo di leggere", metafora, senza voler essere riduttiva,  in generale del detto "chi ha pane non ha denti e chi ha denti non ha pane" nonché di molti momenti tratti dalla mia autobiografia,  storia di resistenza e resilienza (termine, quest'ultimo, qui necessario ma che detesto... sappiatelo).

Fa sorridere come alcuni oggetti oggi di uso comune, come telecomandi e telefoni portatili, siano presentati come diavolerie tecnologiche fantascientifiche, stesso concetto ritrovato nella lettura dei fumetti fantascientifici americani degli anni 50 come Weird Science.

Ed eccomi alla fine di questo post scritto tutto di un fiato mentre attendo in uno studio medico per l'immancabile visita di idoneità prevista quando si cambia datore di lavoro. Ce l'ho fatta a scrivere senza spoilerarvi troppo: non vi resta che recuperare la serie e divorarla!




domenica 5 ottobre 2025

Tutti pazzi per i robot!

Uno dei temi più distintivi degli anni 80 è la spinta verso la robotica e la cibernetica, non solo in senso industriale ma anche culturale: anni di fervente produzione di film, cartoni, fumetti, giocattoli, serie televisivi e merchandising dedicati ai robot e androidi. Impossibile affrontare il tema in un post... preferisco soffermarmi su quell'interesse ed entusiasmo che avvolgevano questo mondo, entusiasmo che oggi non mi sento purtroppo di condividere in riferimento al contesto attuale dove le macchine hanno occupato buona parte dello spazio che un tempo era occupato dai rapporti umani. Ma non è il caso di intristirci su questi sviluppi, rimaniamo nello spirito leggero di questo blog, quando per noi i robot e gli android erano per noi eroi, eroi, eroi, per noi supereroi che rischiano per noi .
Robocop, Terminator, Corto Circuito, Blade Runner sono grandi indimenticabili e indiscutibili capolavori generati dallo spirito di quei tempi, entusiasta sì ma già attento ai potenziali rischi di una ribellione delle macchine sugli uomini. Tema a suo modo affrontato anche nelle serie robotiche a cartoni animati nelle classiche puntate in cui il robot di turno veniva sottratto alle forze del bene per essere usato contro di esse. E a proposito di serie robotiche lo pubblichiamo un bel selfie di gruppo? Ma certo che sì, una bella foto in scala 1: Daitarn III, aguzzate la vista per trovare Jeeg, detto anche O' nano.
Si narra che l'idea del robottone sia venuta in mente a Go Nagai, strepitoso genio di cui mi onoro di aver stretto la mano al Comicon di Napoli del 2007, sia venuta quando, bloccato nel traffico, ha desiderato ardententemente che delle lunghe gambe spuntassero dalla sua automobile per camminare al di sopra delle altre. Certo è che Egli ha dato il via a un filone, quello delle serie robotiche, appassionante e seguitissimo, a cui hanno contribuito numerosi sceneggiatori e disegnatori. Le serie robotiche si sono moltiplicate, plagiate, assomigliate, riprodotte come funghi ma ritengo che nessuna serie robotica successiva abbia toccato le vette di epicità dei suoi primi due Mazinga e Goldrake. Alle serie robotiche si sono poi affiancate quelle degli androidi, metà uomini o metà macchina, come il celeberrimo Kyashan, Cyborg 009, le varie supergirl (come Nanà Supergirl) o umani comunque capaci di trasformarsi in macchine (Polymar, Tekkaman,...). E anche serie non proprio robotiche, come Yattaman, Calendarman, i Predatori del tempo, che si concludevano comunque con scontri tra robot bizzarri. Menzioniamo anche i robot "comici" Arale e Robottino.  Volendo andare oltre il mondo degli anime, come non ricordare serie televisive quali L'uomo da sei milioni di dollari e, il suo spinoff, La donna bionica: non proprio dei robot, ma degli umani che comunque, grazie agli arti bionici, raggiungevano velocità e potenze tipiche delle macchine. E poi lei, la simpaticissima Super Vicky (Small Wonder):
Chiudo con la performance del mitico David Zed (o Mr Zed) con i suoi capelli da Big Jim, volto noto della RAI di quei tempi, anche accanto a prime donne del calibro di Raffaella Carrà e Stefania Rotolo, che canta R.O.B.O.T. La scrittura di questo post mi ha anche fatto scoprire che esiste un Dipartimento Europeo per la Tutela degli Androidi di cui Mr Zed è attualmente presidente. Sono esterefatta!
P.S. Indicate nei commenti i vostri ricordi robotici legati a questi anni!

domenica 7 settembre 2025

In a Barbie world

Una menzione fatta al post precedente mi ha fatto notare l'imperdonabile assenza fra le etichette del blog, e quindi fra gli argomenti trattati, della bionda più popolare dell'universo "giocattolesco" prettamente femminile: la Barbara Millicent Roberts, per gli amici Barbie!
Seppur si tratti di un giocattolo straordinariamente longevo (sul mercato dal 1959 a tutt'oggi), nel mio immaginario di donna che è stata bambina negli anni '80, la Barbie è assolutamente legata a quegli anni. E lego la Barbie al ricordo di una cara e sfortunata cugina mia coetanea che purtroppo non c'è più da tantissimi anni la quale era generosa (e sapete che i bambini generalmente non lo sono) al punti di farmi giocare con l'ambita casa di Barbie con l'ascensore che possedeva. Tra l'altro, per quello che ricordo, quegli anni devono avere registrato un picco di popolarità per la Barbie e per l'espansione del marchio Mattel in tutto il mondo, considerando il fatto che le bambine ne avessero almeno un paio e l'imponente campagna di marketing, con pubblicità assidue nelle programmazioni pomeridiane (es. Bim Bum Bam), sui numeri di Topolino e ovunque ci potesse essere un pubblico infantile. Notevole anche il merchandising, con zaini, penne, diari, t-shirt, scarpe tutte a marchio Barbie.

Ma veniamo al momento atteso e inevitabile del post, il fatidico momento sblocchiamo qualche ricordo, in realtà pochi perché è difficile condensare in un post la vasta produzione di modelli Barbie, accessori e parenti (Ken, Shelley,...), pur circoscrivendo agli anni 80. Partiamo con un pezzo da 90, uno dei modelli più popolari e iconici, un modello da fare un po' di invidia anche a quelle che, come me, per natura o per far di necessità virtù, alle bambole preferivano giochi più selvaggi e decisamente più economici come Salta cavallo (che però noi chiamavamo Caval del Re) o la guerra delle pietre (n.d.a. lanciate da dietro delle "montagnette di terreno" create dalle ruspe in una zona in costruzione e usate a mo' di trincee). Sto parlando di Barbie luce di stelle, tutta chiccosa come una Big Babol panna e fragola nel suo vestito bianco e rosa e tutta luminosa al buio grazie alle stelle fluorescenti. Aveva anche l'ombrellino parasole, mica pizza e fichi e soprattutto la camera da letto tutta stellata, con letto a baldacchino e specchiera.
Secondo modello che - ricordo - una compagna di scuola esponeva insieme alla barbie luce di stelle nella sua cameretta che ricordo ancora per il tappeto di pelle di mucca è la Barbie fiore di pesco, a vederla oggi molto glamour e sciantosa con quel coprispalle... ma all'epoca mi sembrava la cugina pezzente del modello precedentemente descritto. O forse non mi piaceva perché ho sempre detestato il color pesca che infatti, come il beige, non indosso mai. Sono colori che, al contrario di quelli scuri o brillanti, come si suol dire, mi muoiono addosso. E penso che quel color pesca morisse pure sulla Barbie.
Altro modello che ricordo benissimo è la Barbie crystal con il suo vestito di tessuto (taffetas?) dai colori cangianti quasi olografico che rendeva la barbie pronta per un party su una qualche astronave aliena in mezzo agli extraterrestri. Ad essa era abbinato Ken con un abito maschile bianco, gilet fatto dalla stoffa avanzante dalla produzione dell'ambito di Barbie e una insolita cravatta color viola onoranze funebri. Tutti e due - ci faceva sapere lo spot pubblicitario - erano attesi a una serata di gala. Concludo il post con altre foto di giocattoli targati Barbie che divennero ultrapopolari, una foto di gruppo e un video che raccoglie gli spot più famosi che li pubblicizzavano, con bambine felici - nonostante le acconciature da film trash horror - che amavano lavare, vestire e pettinare le loro Barbie, anziché recensire sui social costosi prodotti di bellezza per adulti andati virali. Pensate un po' come era strano il mondo allora. Quando i bambini facevanoi i bambini.
Foto di gruppo
La casa di Barbie con ascensore
La casa di campagna di Barbie
L'antico bagno di Barbie
La magleria magica di Barbie

martedì 2 settembre 2025

Il piccolo sogno nel cassetto

Da un po' di tempo - alla mia veneranda età - ho ripreso a reinvestire nella mia formazione a 360°, dopo anni spesi a investire prettamente sulla mia formazione tecnico-professionale. Imparare nuove cose, ispirarmi al detto "Apprendi l'arte e mettila da parte", cimentarmi in nuove pratiche, approcciarmi a nuovi interessi sono cose che hanno sempre fatto parte della mia personalità e ambizione, quantomeno per convogliare la notevole curiosità che la natura, come ai  gatti, ha donato copiosamente. Per fortuna del mio vicinato in maniera copiosa ma inversamente proporzionale all'interesse verso la vita privata altrui e alla tendenza al pettegolezzo. Del resto i condomini sono già saturi, soprattutto dopo la legge Basaglia, di persone con disturbi ossessivi-compulsivi, ficcanaso di ogni risma, control freaks: non è necessario che mi ci metta anche io.  Ma oggi reinvestire energie, tempo e denaro nell'apprendimento di qualcosa di nuovo diventa una necessità che fa sentire ancora giovani e vivi, nonché un efficace metodo di prevenzione delle demenze senili😅Tutto questo spiegone, del resto non richiesto ma confido nella umana comprensione della mia dissenteria di parole dovuta alla lunga astinenza dal blogging, per dire che ho rispolverato un sogno che avevo nel cassetto in tenera età: imparare a suonare l'ocarina! Questa è la mia di persona pirsolmemte:
E , naturalmente, cosa fece maturare questo desiderio insolito per una bambina in una marea di bimbe il cui sogno nel cassetto era possedere l'ambita casa di Barbie con l'ascensore?  Vediamo se avete imparato a conoscermi attraverso i miei post ..(non vale guardare in fondo al post...)





















Ma ovviamente ci può essere una sola ragione! 
La dolcissima e melanconica canzone che suonava Mayu in Capitan Harlock. Sblocco il ricordo:



Quindi, non mi resta che impegnarmi a fondo per onorare al meglio questo capolavoro del defunto maestro Seiji Yokoyama.
Alla prossima.







mercoledì 20 agosto 2025

Le giostre alla festa patronale durante la mia infanzia e adolescenza

Fresca di visita al luna park itinerante in corrispondenza della festa patronale nel mio paese (Maria SS. di Corsignano), mi sono persa nei ricordi delle giostre della mia infanzia e adolescenza. Era da tanto che non vivevo la festa patronale, in genere, in quel periodo sono sempre in vacanza fuori. Da piccola sulle giostre ci salivo solo raramente perché i miei genitori, che non definirei tirchi, ritenevano che questo tipo di svago si trovasse, in una scala da 1 a 100, al 100mo posto di priorità di spese da concederci e noi eravamo tra i pochi sfigati che non possedevano i blocchetti di biglietti e gettoni gratuiti che magicamente apparivano nel paese(...e poi mi chiedono come mai mi sia tanto commossa su It's a small world a Disneyland.). Finché ci andavo con loro, da bambina, sarò stata una volta sui dischi volanti, una volta sul brucomela, una volta sulla ruota panoramica. Poi, in adolescenza, quando al luna park ci potevo andare da sola, dovevo comunque fare i conti con una misera paghetta di 2000 lire la settimana fino ai 15 anni, 5000 lire oltre. Per fortuna, qualche volta, i giostrai ammiccanti lasciavano passare gratuitamente me e le mie amiche, soprattutto quando una di noi imparò a stare in piedi al centro del Tagadà in moto, attirando quindi l'attenzione di altri gggggiovani pronti ad emulare l'impresa. Ma sto divagando... E iniziamo con i ricordi.
PER I PIU' PICCOLI ("I Mocciosi")
IL BRUCOMELA O SEMPLICEMENTE BRUCO Giostra sempreverde e non mi riferisco al colore di questo animaletto ma al fatto che N decenni dopo (valore di N che non vi svelerò nemmeno sotto tortura) è ancora puntualmente presente nei luna park e sempre molto "gettonato" (mai termine fu più azzeccato). Per coloro che dovessero aver passato l'infanzia in un altra galassia e non lo conoscessero, il brucomela è una versione ridotta e tranquilla delle montagne russe: i Mocciosi si sistemano su carrelli che vanno a formare un simpatico bruco che, nel suo percorso, entra anche all'interno della mela.
IL CAROSELLO Il classico dei classici nel catologo del giostraio. La giostra che fa il girotondo e basta. Ma in compenso sorprende con la varietà dei soggetti su cui sedersi: cavalli, navicelle spaziali, carriarmati (quando era considerato normale) e perfino robottoni. La mia preferita era la postazione, neanche a dirlo, con goldrake, nel carosello fisso presente nella villa comunale del mio paese.
I DISCHI VOLANTI (O NAVICELLE VOLANTI) Giostra per bambini ma non troppo piccini, in genere accompagnati da adulti. La giostra gira e con una levetta tipo freno a mano i Mocciosi muovonk la navicella giù e su fino a qualche metro di altezza.
PER I PIU' GRANDI ("I Temerari")
LA BALLERINA Come mostrato dalla foto, i Temerari si sistemani in seggiolini posti lungo l'orlo della gonna. Nella giostra in movimento, la gonna gira su un piano diagonale e la particolarità di questa giostra è proprio nella elevata velocità di rotazione. Su questa giostra non sono riuscita mai a salirci: ero troppo piccola per essere ammessa e troppo adulta quando è riapparsa, dopo molti anni di assenza.
IL COBRA Non sono riuscita a trovare un'immagine di questa giostra sebbene fosse molto popolare (che qualcuno mi aiuti!). Si tratta di una giostra avente due braccia a ciascuno dei quali è collegata una fila di seggiolini messi in cerchio. In movimento, si ha la doppia rotazione: la giostra sul proprio asse e ciascun cerchio intorno al proprio centro. Inoltre la giostra si inclina da un lato e l'altro. La vedrei come l'antesignana di giostre moderne (come l'Extreme) riservate ai più impavidi date le altezze notevoli che raggiungono.
LA LAVATRICE Questa non si vedeva spesso dalle mie parti, la provai alla festa della Madonna dei Martiri e mi piacque UNA CIFRA!!!! E' praticamente un grande cestello di lavatrice che ruota intorno al proprio asse mentre i Temerari, in piedi, e senza cinture di sicurezza, si godono il divertimento mantenuti aderenti alle pareti dalle proprie braccia e dalla forza centrifuga. L'ho adorata!
AMERICAN SHOW Una giostra a metà tra la casa dei mostri e quella degli scherzi. Non mi sapeva né di carne né di pesce. Poi l'immancabile ma a me ancora sconosciuto soffio finale sotto la gonna mostrò le mie pudiche mutande bianche di fanciulla imbarazzondomi davanti a tutta la comunità. Bocciata!!!
IL TAGADA' Lo chiamavano anche Traballero e non ho mai capito se chiamarlo così era un fatto tutto locale o lo si chiamava così anche nel resto di Italia, magari per qualche ragione storica. Fatto sta che questo era il pezzo immancanbile, anche quando la festa era per una qualche ragione sotto tono e venivano poche giostre, il tagadà c'era sempre. E con lui gli immancabili ballerini che si esibivano al suo centro al ritmo della musica dei Technotronic. Qui ci andavo spesso anche per carenza di alternative. E mi divertivo a spaccarmi le braccia.
LA FILIBUSTA Questa era la tipica giostra che mi terrorizzava. I movimenti sussultori non mi spaventano, le rotazioni neppure, la velocità era il mio mestiere ma il senso di vuoto di una salita rapida con annesse vertigini, quello no, non faceva per me. Ci sono salita una volta e sono stati i minuti più lunghi della mia esistenza. Ogni secondo sulla filibusta corrisponde a circa 40 secondi di plank tanto per darvi un'idea. Nel caso esista qualcuno che non lo sappia, la filibusta oscilla a destra e a sinistra come un pendolo raggiungendo altezze considerevoli.
IL RANGER Naturalmente se la filibusta era per me offlimits, figuriamoci il Ranger che oscilla come la Filbusta ma compie addirittura un giro a 360 gradi rimanendo anche fermo in posizione verticale con i poveri Temerari a testa in giù. Roba da sentirmi male solo a guardare e da temere per la sanità mentale degli amici Temerari che vi si avventuravano. E' conosciuto anche con altri nomi.
IL TAPPETO VOLANTE Una versione che doveva essere più tranquilla del Ranger (almeno credo, non ci sono mai salita) era il Tappeto Volante. Minore altezza e non ci si trovava mai di testa in giù. Tuttavia, c'è qualcosa nella meccanica di quella giostra che non mi convinceva. E mi aspettavo che da un momento all'altro avrebbe preso il volo per davvero
LE GIOSTRE DEI MOSTRI Uso il plurale perché ce ne erano tante, a vari temi. Quella con il tema zombie, quella con il tema vampiri, quella ispirata a qualche film horror cult e anche quella senza un particolare tema, magari un miscuglio dei precedenti. Ma il principio è sempre lo stesso: un percorso da fare al buio, con fantocci mostrousi che potevano spaventare solo Zilly di Dastardly, Muttley e le macchine volanti.
PER GRANDI E PICCOLI C'erano poi quelle giostre di cui esistevano due versioni di diverse dimensioni e velocità, una per più grandi e una per i più piccoli.
SEGGIOLINI VOLANTI La famosa giostra che gira più o meno velocemente intorno al proprio asse mentre i seggiolini ad essa connessi sono liberi di muoversi su più piani (ovviamente più veloce la giostra si muove, più in alto si muovono i seggiolini). Per coloro che,spingendosi o facendosi spingere da chi sta seduto dietro, riuscivano ad acchiappare l'ambita cordicella appesa, un nuovo gratis
MACCHINE DA SCONTRO La migliore per divertirsi con gli amici dopo qualche birra di troppo. Al momento, nel 2025, non ho ancora capito se lo scopo è di scontrarsi o evitare lo scontro.

giovedì 14 agosto 2025

Sto pensando di tornare....

 ...avevo abbandonato questo blog un po' per gli impegni di donna lavoratrice, con una casa piuttosto spaziosa da gestire, l'attività fisica regolare che non può essere trascurata più una serie di interessi a cui mi dedico e che erano il motore di questo blog; un po' perché con l'avvento dei social è cambiato il modo di fare contenuti. Senza polemica: leggere è faticoso, difficile competere sul piano dell'efficacia nel catturare una capacità di attenzione sempre più frammentaria con reels e memes. Scrivevo e curavo questo blog principalmente per me stessa; tuttavia, a volte risulta frustrante scrivere senza ricevere alcun riscontro, con il pubblico migrato sui social.

Ma oggi, dopo tanti anni, complice l'acquisto di un pc desktop come non ne avevo da anni, mi sono ritrovata a curiosare su questo vecchio blog e mi ha assalito la nostalgia. E ho visto che alcuni utenti, a distanza di anni, hanno ripreso a commentare. Mi sono quasi commossa nel constatare che quanto è stato realizzato anni fa ancora arriva a casa di qualcuno.

Ho cambiato il mio nick name. Non mi sento più l'Araba Fenice che risorge dalle ceneri. Non perché in questi anni non abbia avuto grandissime sfide da affrontare  ma, al contrario, perché  la vita mi ha richiesto e mi richiede di risorgere con una tale continuità che  cadere e rialzarsi ha perso la sua epicità a favore dell'abitudinarietà. Non è più rinascere dalle ceneri, è non farsi inghiottire dal fuoco, è farsi una corazza ignifuga. Così ho scelto semplicemente un nickname che omaggi l'universo matusmotiano... e anche perché mi sento un po' regina. Regina di me stessa in quanto sono la persona a cui dedico la  maggiore cura e le maggiori energie.

Vorrei scrivere tante altre cose per colmare l'assenza di questi anni ma sinceramente sono in procinto di uscire per cui mi limito a un ben ritrovati.


giovedì 10 novembre 2016

Coloretto


[gameboards] Coloretto è il gioco con cui in genere terminano le nostre serate intorno al tavolo. Tipicamente si giocano 4 manches e ogni manche dura 10-15 minuti, per cui in meno di un'ora si può decretare il campione ed è quindi l'ideale che è troppo tardi per una rivincita a Puerto Rico ma "possiamo restare un altro po', fa niente che domani al lavoro sono uno zombie". Le regole del gioco si spiegano in 30 secondi d'orologio e si rimanere sconcertati nell' intuire già dalla prima partita di quanta "bastardaggine", scusate il termine, si può dare sfoggio in gioco un così semplice.
Il gioco è costituito da un mazzo di carte così composto:

- carte camaleonte: un insieme di carte di diverso colore (celeste, verde, viola, marrone, giallo, arancio, rosso più carte arcobaleno e dorate che fungono da jolly) raffiguranti un camaleonte;

- carte +2: ciascuna serve a dare 2 punti a fine partita;

Carte camaleonte e carte +2 costituiscono il mazzo con cui si gioca.

- carte segnafila: carte messe al centro del tavolo, in numero pari al numero di giocatori (da 2 a 5), una di fianco all’altra, in maniera da indicare le file che si dipartiranno da esse; quelle non utilizzate vengono messe da parte;

- carte che vengono distribuite ai giocatori come promemoria in quanto servono solo a indicare come si calcolano i punteggi (e sono a due facce, punteggi per livello più semplice e punteggi per livello più difficile);

- una carta "ultimo round" (freccia a forma di spirale) serve a indicare il round finale quando pescata e viene posta all'interno del mazzo di gioco, una volta che è stato mescolato, contando 16 carte dal fondo del mazzo. Il mazzo, coperto, viene posto al centro del tavolo, accanto alle carte segnafila.

Ogni giocatore sceglie una carta camaleonte di un colore qualsiasi e la pone davanti a sé. Quindi si inizia a giocare. Il primo giocatore pesca una carte e la pone in una delle colonne (all'inizio tutte vuote) a sua scelta. Ogni fila può ospitare massimo 3 carte (più ovviamente la carta segnafila). A turno, quindi, ogni giocatore pesca una carta la pone in una fila a sua scelta (vuota oppure già ospitante carte messe dai giocatori precedentemente purché non piena con già 3 carte) oppure acquisisce una fila ponendo le relative carte (1, 2 oppure 3) davanti a sè. Chi prende una fila, esce momentaneamente dal gioco finché ogni giocatore prende la sua fila e in tale frangente conserva la carta segnafila per indicare che ha già preso la sua fila. Si rimettono le carte segnacolonne al centro e si continua in questo modo fino all'ultimo round che è quello in cui viene pescata la carta "ultimo round": chi la pesca la mette da parte, pesca una nuova carta e il round viene comunque terminato con l'assegnazione di ogni fila ad un giocatore.

A fine round si calcolano i punti in base alle tabelle fornite dalle relative carte promemoria (dopo aver scelto a quale livello giocare): ogni giocatore, fra tutte le carte che ha incamerato, sceglierà tre colori che gli forniranno i punti in positivo secondo lo schema in tabella (es. 2 carte dello stesso colore=3 punti, 3 carte= 6 punti, 4 carte=10 punti, ecc.) mentre tutte gli altri colori, oltre il terzo, forniscono punti in negativo calcolati secondo la stessa tabella. Risulta chiaro quindi che le scelte del giocatore:

- fermarsi e incamerare una fila oppure pescare ancora;

- quale fila cercare di prendere;

sono guidate dalla necessità di collezionare più carte possibili di al massimo tre colori e cercare di prendere meno carte possibili di altri colori. La difficoltà è che se rischia poco e ci si “ferma” troppo presto, a fine partita si sono prese troppe poche carte ed è difficile fare, in tali condizioni, dei punteggi utili alla vittoria; se però si pesca e si va avanti, si corre il rischio di servire sul piatto d’argento agli avversari delle “prese” molto cospicue in termini di punti e, alla fine, si è costretti a prendere una delle file rimaste, con carte che accresceranno i punti da sottrarre.

I camaleonti jolly (arcobaleno e dorato) vanno associati ad un colore a scelta all’atto di contare i punti. Quello dorato, quando incamerato, obbliga a pescare e prendersi una carta dal mazzo coperto.

lunedì 7 novembre 2016

Wow, WOOW!

[editoria] Ritorniamo al nostro appuntamento con le iniziative editoriali di Redazione a Colori, parlando della rivista WOOW, nata nel 2008 in formato praticamente tascabile A6. Il titolo palindromo WOOW che graficamente simboleggia un paio di occhi incorniciati da delle dita in segno di vittoria (wOOwè stato ispirato da cosplayers in posa per le foto e ben si presta a rappresentare un mondo dinamico e giovanile quale target della rivista stessa la quale aveva come principale mission la divulgazione delleopere del fumettista italiano Alessandro Colombo, in arte Kaiser, che si è fatto conoscere con opere come “L’ombra della Papessa”, “Re Olocausto, “Nonna Tota”, “Victims” ma anche sperimentando il genere robotico italiano con “Godravan”, “Gavarax 1”, “Zeus Goltrum” e “Darvatros Delta 7” che suonano molto creazioni del diabolico Doctor Hell. Nella rivista trovavano comunque spazio anche altri elementi della stessa area tematica: cartoni animati prodotti dagli anni ’70 al ‘2000, fan art, collezionismo e quant’altro è legato al merchandising che ruota intorno agli anime. Particolarmente carina la rubrica sui giocattoli inediti in Italia. Naturalmente non potevano mancare i contributi degli artisti e interpreti delle sigle tra i quali Paola Orlandi, Douglas Meakin, I Cavalieri del Re, il Coro dei Nostri Figli di Nora Orlandi, I Piccoli Cantori di Niny Comolli, Le Mele Verdi, Nico Fidenco, Oliver Onions, sempre prodighi di aneddoti e punti di vista curiosi. Chiusa nel 2009 quando ormai Kaiser ha raggiunto una certa notorietà, la rivista rinacque con una nuova veste grafica nel 2014 spostando il focus prettamente sui cartoni animati e i palinsesti delle varie emittenti, dalla Rai a Cartoonito. td>