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Quale mese è migliore del lugubre novembre per parlare di horror? No, non è un post sullo Zio Tibia Picture Show, è un post su alcune mode che negli anni a cui questo blog fa riferimento esplosero con gran velocità e pervasione (o perversione?) e con la stessa velocità implosero e che, neanche a dirlo, non sono ricordate per buon gusto.
Iniziamo dalla meno orripilante così da guidarvi un crescendo di pacchianeria che si mescolerà alla vostra perplessità per la serie “oh, ma davvero stai a dì?”.
1) Pupazzetti a pinza da attaccare a vestiti e zaini
Infantile si ma tutto sommato accettabile questo vezzo di attaccare piccoli peluche vhe nascondevano un meccanismo a pinza tra le braccia che permetteva di attaccarli ad abiti, borse, marsupi e zaini scuola. Ce ne erano infinità di varianti e colori tra orsacchiotti, koala, cagnolini, scimmiette, coniglietti. Modelli che rappresentavano animaletti anonimi, con vestitini o con la loro nuda pelliccia, e altri che rappresentavano celebrità fra gli animaletti come Poochie o Monciccì.
2) Braccialetti di cordoncino
Quando i mezzi erano pochi e il "baccalà fuggito" (baccalé fejeut) era principe indiscusso delle nostre tavole - sì eravamo nel boom economico, ma allora c'era un sano sistema di priorità che ci imponeva prima il risparmio per l'acquisto della prima casa, poi il risparmio per gli imprevisti della vita e per la futura vecchiaia e poi tutto il resto - anche per essere alla moda ci si arrangiava come si poteva. Ed ecco che 12 cm di cordoncino colorato, meglio se nei nuovi colori giallo, verde e fucsia fluorescenti - preso in merceria a 100 lire diventava un braccialetto una volta che le estremità venivano fuse e unite con l'aiuto di un fiammifero. Io ne portavo una decina per ogni braccio.
P.S. una volta ne rubai uno in merceria, primo e ultimo furto della mia esistenza. Ebbi tante di quelle legnate da mia madre che la parola "onestà" mi è restata tatuata su ogni singola cellula.
3) Mollettoni per i capelli con i fiori
Come se i mollettoni di plastica - gli stessi che oggi fortunatamente si usano solo per separare le ciocche durante la piega - non fossero già abbastanza brutti da sfoggiare, in commercio arrivò un'ondata di mollettoni a buon mercato con grossi fuori attaccati su uno o entrambi i lati. Fiori rigorosamente in tinta: mollettone rosso con garofano rosso, mollettone giallo con margheritone giallo, mollettone rosa con rosa rosa. Immaginatevi l'effetto con i capelli scalati a la Rod Stewart, cotonati a la Cyndi Lauper o raccolti a la Brigitte Bardot.
4) Ciuccetti di plastica
Da appendere a bracciali, collane, cerniere, erano praticamente ovunque. Ognuno di noi ne indossava svariati, tutti di plastica ma di varie dimensioni, di vari colori, trasparenti o opachi. Le bancarelle ne erano invase, li vedevi su ogni teenager, ragazza o ragazzo che fosse, e talvolta anche su adulti. Si vendevano anche collane che erano pesanti ammassi di ciuccetti variopinti. Una moda che dilagò fulminea e scomparve con la stessa velocità di un tormentone estivo quando iniziano a cadere le foglie. Qua si viaggiava verso i '90.
5) Frontini imbottiti per capelli
I frontini per i capelli, oggi in disuso, sono stati accessori per i capelli molto popolari per decenni. Ma ricordo un anno, in particolare, in cui divennero di gran moda, conobbero un nuovo slancio, in particolare quelli di stoffa imbottiti, in varie fantasie e colori. E la vera particolarità era che li indossavano tutti, anche molti uomini dato che allora molti avevano capelli folti, ribelli e medio-lunghi. Un trend fashion che oggi non potrebbe esistere considerando l'alta diffusione di alopecia maschile.
6) La ciabatta infradito con le bande di spugna arcobaleno
Ciabatta infradito con suola multicolore di gomma schiuma con le bande in spugna di cotone color arcobaleno. Al di là della pacata sobrietà dei colori, quello che mi colpiva erano i 5 inserti ovali per ogni suola, ognuno di colore e dimensione differente, che rappresentavano le 5 dita sotto le quali si andavano a posizionare. In realtà quello che mi colpiva davvero è che erano estraibili, per cui persone troppo inclini a toccarsi costantemente i piedi, ci giocherellavano, staccandoli e riattaccandoli, tra una toccata e una grattata
7) La ciabatta di plastica a bande incrociate
La detesto ma ce l'ho ancora e la uso solo per entrare nella mia ampia doccia quando devo pulirla, detestando ancora di più l'idea di entrare in doccia con scarpe mentre faccio le pulizie.
Non so se la detesto più per la sua durezza o scomodità o perché sono rasoterra (ehm ho sempre bisogno di un po' di slancio) o perché l'associo ad un uomo del vicinato, che la indossava, che odiava i bambini che giocavano in strada e più volte ci ha sequestrato il pallone e lo ha tagliato davanti ai nostri occhi addolorati. Il modello è detto Mexican immagino, ma è una mia interpretazione, perché l'incrocio e la trama bucherellata ricorda le ciabatte di fattura precolombiana (le huarache) che venivano realizzate intrecciando il cuoio.
8) Le spalline oversize
Un altro articolo che detestavo erano le spalline che purtroppo in quegli anni venivano cucite di default sotto la fodera di ogni giacca, ma anche presenti nei cardigan, camicie e persino maglioni.
Per me che avevo già grandi spalle larghe e alte, indossarle significava fare scomparire definitivamente il collo. Se già odiavo visceralmente le spalline a giro, l'odio raggiungeva livelli da Iriza Legan quando si trattava delle ancora più orribili spalline a kimono che sformava la figura di coloro che le indossavano facendoli sembrare, almeno nel mio immaginario fanciullesco, degli alieni.
9) Il ritorno della scarpa ad occhio di bue
Mentre oggi i bambini indossano scarpe piene di lustrini e brillantini, i bambini nati negli anni '70 conoscevano soltanto un tipo di calzature: le scarpe ad occhio di bue. Nere, austere, pesanti ma di ottima fattura come mi viene ancora rinfacciato: "Da piccola ti compravo la roba buona (...non pensate male!), le scarpe delle Balducci!".
Immaginate la felicità quando l'obbrobrio di quei buchi sorridenti sulla tomaia è ricomparso sulle nostre scarpe di adolescenti e degli adulti. Immaginate questi buchi quando potevano sembrare ridicoli su chi indossava un 45 di scarpe. In più, la scarpa era riapparsa con materiali più leggeri, come il gros-grain, in maniera da poter essere indossata d'estate, senza calzini, con gli spazi tra le dita che si vedevano dai buchi.
10) Portachiavi di vero visone
Chiudo con l'articolo, a mio parere, più kitsch della panoramica: il portachiavi fatto con la coda o la zampetta vera di visone con tanto di unghiette ancora attaccate. Era il tempo in cui le pellicce vere erano considerate un capo elegante e lussuoso, un status symbol a cui molte massaie ambivano. Le pelliccerie erano business molto proficui e potevano permettersi di sponsorizzare trasmissioni e quiz in TV. Non era infrequente quindi che circolassero gli scarti di lavorazione, come appunto le zampette, che venivano utilizzati per creare "deliziosi" accessori. Per fortuna, almeno su questo, il gusto si è un tantino evoluto.![]() |
Quella appena passata è stata per me una estate ricca di eventi tra cui diversi concerti di band iconiche degli anni ’70 e ’80 per cui un reportage è praticamente d’obbligo su questo blog vintage, seppur con qualche mese di ritardo (non avevo ancora in mente di tornare a scrivere). Due di questi eventi, quelli a Bari, sono stati organizzati da Bass Culture e mi auguro con tutto il cuore che gli organizzatori continueranno ad offrirci per gli anni futuri concerti con artisti di tale calibro senza la necessità per noi pugliesi di dover vendere un rene per raggiungere Roma, Milano, Lucca, Bologna, tra biglietti (sempre troppo costosi), spese di viaggio e soggiorno, senza contare l’investimento di tempo ed energia.
Andiamo per ordine cronologico, pubblicherò alcune foto che ho scattato durante tali serate. Ho anche pubblicato alcuni reels sul mio profilo pubblico instagram dedicato a viaggi, concerti ed eventi:
My_travel_journal_and_memories
ma dovrete scorrere un po', perché da quando ho deciso di fare la bella vita, aggiorno la pagina molto spesso.😅
Bari, 18 Giugno 2025: Duran Duran
Tutti i componenti mi sono
parsi in gran forma, musicalmente parlando e lui, Simon Le Bon, sebbene con il
fisico un po’ appesantito (a Bari diremmo che ha la vendrod de la Peròn), non smetteva di ammaliare con il suo fascino, la sua
voce potente, le movenze e il grande garbo con cui si rivolgeva al pubblico
cercando anche di comunicare in italiano. Del resto qui stiamo parlando di Simon Le Bon, mica pizza e fichi, l'idolo delle paninari di Piazza San Babila e non solo, il rivale per antonomasia di Tony Hadley (chi può dimenticare la guerra tra fan base Duran Duran vs Spandau Ballet?), un fenomeno di massa tale da meritare, qui in Italia, il film "Voglio sposare Simon Le Bon".
Eppure chi lo ha incontrato all’aeroporto di
Bari-Palese, dove i Duran Duran sono giunti con un volo privato, lo ha
descritto molto affabile e disponibile a fare foto con i fans. Che dire poi di
John Taylor dalla bellezza che non teme il tempo e la solitaria eleganza delle
sue posture. Ho vissuto momenti di vera magia quando Simon ha imbracciato la chitarra e ha cantato sulle note di Save a Prayer che è la mia preferita. Mi spiace che sia mancata in scaletta Skin Trade.
Ferrara, 30 Giugno 2025: Lynyrd Skynyrd
La serata è stata grandiosa, eccellente modo di festeggiare 50 anni di Lynyrd Skynyrd, ben 4 chitarristi sul palco ad accompagnare il buon vecchio rock del sud, schitarrando su pezzi che non hanno bisogno di presentazioni, in primis, la vecchia Sweet Home Alabama, che definirei patrimonio dell'umanità, ma anche Simple man, Tuesday's gone, That smell, Call me the breeze e altre ancora.
Poi momento di pura commozione sulle note di Free Bird, con il cantante e frontman Johnny Van Zant che,
dopo la prima strofa, si è ritirato dietro le quinte, lasciando il palco a un microfono vestito di bandiera e cappello appartenuto al fratello Ronnie, mentre Ronnie cantava da un vecchio video in perfetto sincrono con i musicisti in live. E la visiera del mio cappellino del Generale Lee nascondeva la mia evidente emozione dagli sguardi indiscreti di estranei.Di notevole valore aggiunto l'apertura di Simon McBride (Deep Purple) e di Deborah Bonham, sorella di John (Led Zeppelin).
Non pianificavo di scrivere un altro post correlato a Lady Oscar per il momento, visto che ne avevo pubblicato uno solo ieri ma eccomi qui ed il motivo non è che Lady Oscar è il mio anime preferito oltre ogni ragionevole dubbio: il motivo è che è stata appena riportata la notizia della morte di Björn Andrésen e approfitto della pausa pranzo per scrivere di questo infausto aggiornamento.
Björn Andrésen, è meglio noto come "il ragazzo più bello del mondo", definizione e condanna, a detta di Andresen, cucitagli addosso da Luchino Visconti che lo ingaggiò, ancora quindicenne, per il film "Morte a Venezia". Ma perché ve ne sto parlando? Perché non tutti sanno che Björn Andrésen è e colui che con il suo volto ha ispirato Ryoko Ikeda nella rappresentazione della bellezza androgina di Lady Oscar.
E infatti direi che la somiglianza è palese:
Onestamente non conoscevo questo attore, non avendo ancora visto nessuno dei suoi film, compreso quello del maestro Visconti (ahi ahi ahi, rimandata a settembre) e ne ho sentito parlare per la prima volta un paio di anni fa su uno dei canali che ascolto più o meno distrattamente mentre riassetto casa, dove ne hanno raccontato la tragica vita, segnata da tragedie fin dall'infanzia e culminatesi con morte del figlioletto per sindrome dell'improvvisa morte del lattante.
In realtà è apparso in una trentina di film, di cui il più recente è "Midsommar - Il villaggio dei dannati" del 2019. Per chi volesse approfondire, esiste un documentario intitolato appunto "Il ragazzo più bello del mondo" sulla vita di Björn Andrésen. Questo il link al trailer.
Che la terra gli sia lieve.