mercoledì 2 novembre 2016

Dead or alive


[music '80] La prematura scomparsa di Pete Burns di qualche giorno rende non più prorogabile la pubblicazione di un post dedicato ai Dead or Alive, un gruppo musicale la cui fama è prettamente legata al pezzo sempreverde "You spin me round (like a record)", hit degli anni 80, disco immancabile ancora oggi nelle valigette dei DJ nelle serate revival o che comunque, tra un pezzo underground e un successo commerciale, amano fare degli excursus indietro nel tempo.  Non starò a snocciolare dati sulla carriera della band e informazioni su quanto altro hanno fatto negli anni, né a parlare della carriera solista di Pete e le sue controverse partecipazioni a  una trasmissione trash quale il Grande Fratello VIP (mi vergogno persino di nominarlo sto programma, sul m io blog!). Voglio solo dipengere un  caldo pomeriggio d'estate, quando le estati non erano mai così afose e non c'era bisogno che Studio Aperto, allora non ancora aperto, ricordasse agli anziani di restare a casa nelle ore più calde, uno dei tanti pomeriggi in cui, dopo pranzo, mentre la mamma sistemava la cucina ascoltando distrattamente la TV grande, si andava a guardare la TV piccolina, più profonda che larga, nella stanzetta. Era l'immancabile appuntamento con gli aggiornamenti musicali di DJ Television. Ricordo ancora un Gerry Scotti con il volto fresco e magro e il riporto sulla testa ad enunciare la classifica che finiva con You Spin Me Round in prima posizione. Per settimane, nulla poterono i grandi della musica pop rock di allora per scalciarli dalla vetta. Un tormentone che si ficcava nelle sinapsi, un ritmo ballabile e un video che mostrava  questo soggettone, Pete Burns, così stravagante nel suo look sessualmente indefinito, la possente voce maschile uscente da un volto così delicatamente femminile senza neppure i pensanti make up di scena di artisti quali David Bowie e Boy George i quali avevano già sdoganato il travestimento femminile di scena ma tutto era così truccato, ostentato, artefatto che alla fine non mi sorprendeva e non mi scandalizzava più di qualsiasi costume di carnevale (sì, allora si celebrava il carnevale, non halloween).

Invece, Pete Burns aveva una tale grazia e naturalezza, sembrava che il suo look androgino fosse il risultato di poco sforzo, pochi grammi di cerume (forse) e una matita kajal. E questa la cosa che mi incuriosiva e non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Anche per questo, è un vero peccato l'abuso che, successivamente, Burns ha fatto della chirurgia estetica, al di là dei danni reali che ha apportato. Parecchi anni dopo, fu ripescato dal dimenticatoio in cui era finito da Matricole e Meteore, in cui apparve già ormai pesantemente compromesso  e involgarito da una aggressiva chirugia estetica ma giudico il risultato, non l'uomo, a cui va tutto il rispetto se non altro per l'impronta musicale che ha lasciato e per la sua capacità di diventare una vera e propria icona.

 

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