domenica 27 aprile 2008

Sondaggio: quale anime vorreste vedere sul grande schermo?

Prima di presentarvi il nuovo sondaggio, illustriamo il verdetto di voi lettori al sondaggio Quale personaggio meriterebbe uno spin-off con le seguenti opzioni di risposta:
1) la signorina Rottermeier
2) Joe Curuma;
3) Susanna Marlowe;
4) Pizza e le Misfits;
5) Il rangerSmith
6) Sakura


I lettori di questo blog hanno decretato that...the winner is... Joe Curuma di Hurricane Polymar! Neanche le curve pericolose dell'affascinante sacerdotessa Sakura sono riuscite ad impedirgli di ottenere il primo gradino del podio!
E noi plaudiamo perché un personaggio così esilarantemente sbruffone così deliziosamente imbranato (eccetto nel lancio del cappello in cui è un vero asso...), così marcatamente privo di perspicacia non potrebbe non fornire numerosi spunti per uno spin-off tutto da ridere!

Ed ecco che noi de La fortezza delle scienze abbiamo già pensato a come deliziarvi con uno nuovo sondaggio. E vi chiediamo di rispondere sinceramente (mi raccomando: la verità e nient'altro che la verità!) a questa domanda: dopo Kyashan, Alvin Superstar e, a breve, Super Auto Mach 5 quale cartone vorreste vedere al grande schermo magari tradotto, come nei casi suddetti, in un film non d'animazione? VOTATE!
Le opzioni che vi proponiamo sono le seguenti:





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1) Sam il ragazzo del West
Se avete sognato con i film western di Sergio Leone e la sera non andate a dormire prima di una sana lettura di Tex, questo sarebbe il film per voi. Immaginiamo già i territori del Grand Canyon, tra mese e puebli, percorsi in lungo e in largo da un mezzosangue giapponese che, alla ricerca del padre, trova il tempo di occuparsi di terribili cricche di banditi, seminando giustizia per il Far West.
2) Forza Sugar
Il tenace ragazzino con il gran talento da boxer potrebbe passare da principale concorrente televisivo di Rocky Joe a principale concorrente cinematografico dell'intramontabile Rocky Balboa.Un film che ripercorrerebbe la lunga strada per raggiungere un sogno: quello di diventare un gran campione e sconfiggere l'avversario che ha ucciso suo padre.
3)Ryu, il ragazzo delle caverne
Un milione di anni fa o forse due... a quei tempi risalirebbe l'ambientazione di un film con tutta la primitiva fauna di Jurassic Park. Di certo ad un eventuale regista non mancherebbero le occasioni per divertirsi con gli effetti speciali di cui l'industria cinematografica - soprattutto quella hollywoodiana - è capace. Verrebbe un gran bel film a meno che non preferiate gli effetti poco speciali e molto trash alla Megaloman
4) L'uomo tigre
E' incredibile pensare che le major cinematografiche americane non abbiano ancora dato al mitico Naoto Date lo spazio che merita sul grande schermo, magari con la partecipazione straordinaria di veri idoli del Wrestling. In fondo l'uomo tigre è sempre stato un personaggio di successo a partire dal manga al cartone animato in TV, fino ad arrivare al clone umano Satoru Sayama che salì sul ring del Wrestling con il viso coperto dalla maschera felina. Come Spiderman e come Batman è un eroe che si batte, anzi che combatte per aiutare gli orfani che si trovano nelle stesse condizioni disagiate che Naoto stesso conosce molto bene.
5)Lady Oscar
Un lungometraggio animato esiste già e adesso, pensandoci, un cassettino della memoria, come dice Gerri Scotti, si è aperto: c'è dentro il vago ricordo di una versione cinematografica, molto probabilmente francese e un po' sui generis (i film francesi mi lasciano sempre un po' interdetta) con Lady Oscar come protagonista.
Appurato su imdb che il film francese esiste ed è pure vecchiotto, si può prevedere che una cover hollywoodiana o meglio ancora una parodia stile Scary Movie non sarebbero idee da scartare.

6)Jem e le Holograms.
Non crediamo sia mai stata trasmessa in Italia la Serie TV americana tratta dal fortunato cartone, certo sul grande schermo il parruccone rosa di Jem e gli orecchini glitterati sarebbero tutta un'altra storia. Sulla scia degli effetti speciali del famoso teletrasporto "trekkiano" potrebbero basarsi le apparizioni degli ologrammi, che immaginiamo in scene tecno e colorate come nel video clip di Strong Enough di Cher. Per quanto riguarda Energy, il computer che fa da mamma a Jerrica/Jem si potrebbe recuperare quello utilizzato nel 2002 per il film S1m0ne con Al Pacino (un caso, una citazione o una copiatura?

[post scritto da entrambe le autrici del blog]

QUIZ: Indovina la sigla!


Oggi voglio mettere alla prova la vostra memoria con questo Cartoon Quiz! Vi sfido a indovinare senza barare quale sia l'anime giapponese che ha come sigla Za Chambara di Mikio Tzukada che potete ascoltare dalla nostra playlist nella sidebar a destra! (è la dodicesima canzone, partendo dal basso; si trova tra la sigla di Holly e Benji due fuoriclasse e Forza Sugar). Su, spremete le meningi e provateci!

lunedì 14 aprile 2008

Gli anni 80: le icone, quelle sui quaderni!




Questo è un post sulle icone degli anni 80, non nell'accezione più ampia di icona come simbolo ("Madonna e Michael Jackson sono icone del pop...") ma nel senso più stretto di "immagini" che ritrovavamo nelle stampe da incorniciare, nell'oggettistica e, soprattutto, nei nostri corredi-scuola.
In particolare, voglio soffermarmi sulle copertine dei quaderni, a volte davvero incantevoli, al punto da rendere più piacevole il momento dei compiti. Almeno per me. Ma vale anche la pena di ricordare gli stickers di allora tra cui merita una citazione la goffa coppietta di “L’amore è…”.
Ritorno indietro negli anni e ripenso alle variopinte copertine dei quaderni: con la stampa dei fumetti di Asterix e Obelix, con Bianca e Bernie, e con gli eroi dei cartoni animati (il quaderno di Jeeg, di Bia, di Candy, dei Barbapapà, di Capitan Futuro, di Remì,…) e soprattutto quello di Anna dai Capelli Rossi che, con le sue cornici di fiori e viti, ricrea atmosfere terribilmente romantiche.






Se parliamo di atmosfere romantiche allora non posso non dare spazio alle immagini di bambini dell’illustratrice americana Holly Hobbie, dedicando questo post a Romina che, con un suo vecchio post su Oltre il cancello dedicato alla magia del mondo di Holly Hobbie, mi ha riacceso dolci ricordi di un passato fatto di bambole di pezza, fantasie provenzali, trecce, lustrini, merletti, patchwork e profumo di violette. Un universo rassicurante avvolto dalle coperte all'uncinetto della nonna.
Le immagini di Holly Hobbie sono la rappresentazione di una vita più vera, più sana, più sobria. Della genuinità e della timidezza, della spensieratezza e della semplicità, dell’amicizia e della serenità. Di quanto sta diventando purtroppo estraneo al nostro stile di vita. di pezza e dei suoi abiti arricciati memori di una lunga tradizione contadina. Attimi rubati ad una vita sempre più frenetica, la pausa rilassante del rituale del the delle cinque, con i biscotti danesi presi dalla scatola di latta. Niente ansie, niente ombre, niente angosce, niente pessimismo.
Ero un vero maschiaccio, io, cresciuta tra pallone e figurine dei calciatori, ma non mi sfuggiva il fascino tutto femminile della bambola Forse mi mancava, più di quanto volessi ammettere, una compagnA di giochi. E, invece, il destino mi ha voluto far crescere tra fratelli, cugini e i loro amichetti. Pazienza! Sarà per un'altra vita. Allora sì che mi abbandonerò completamente all'incanto delle bambole di pezza e niente mi potrà fermare dall'ottenere una vera casa di bambole all'inglese.


Quaderni Holly Hobbie


Ma Holly Hobbie non è che la più nota rappresentante di un filone dai soggetti deliziosi che annovera altri importanti nomi: Sarah Kay, Miss Petticoat, Betsey Clark. Disegni di una tenerezza da fare invidia alle più accanite fan di Ann Geddes. Un filone che, in realtà, nacque già prima degli anni 80 ma che io, per ovvie ragioni anagrafiche, ho potuto conoscere e apprezzare solo in quegli anni, associandolo, di conseguenza, a quell’epoca.
Ecco una carrellata di copertine dei quaderni:


Quaderni Sarah Kay




Quaderni Miss Petticoat


Quaderni di Betsey Clark


Stessa poesia nelle immagini dell’illustratrice Angela Rippon , autrice di una collana di libri illustrati per bambini, intitolata Victoria Plum. L’attenzione, questa volta, si sposta sui boschi e su i suoi fatati abitanti: i folletti. Immagini da sogno, di quando i folletti li chiamavamo gnomi. E con queste bellissime immagini Victoria Plum concludo, non potendo pretendere di esaurire in un solo post la presentazione di un mondo vastissimo che comprende anche le magnifiche illustrazioni di Beatrix Potter e di Ruth Morehead, passando per I Teddies e Gli orsetti del cuore.
Immagini Victoria Plum



LinKs:
Holly Hobby World
Schemi al punto croce - Disegni di Sarah Kay ---->Wow! se non mi vedrete in giro, sapete il perché!
Bosco dei folletti
http://www.hellasmultimedia.com/webimages/sarah-htm/
http://www.lamianuvola.it/sarah_kay_3.htm
http://www.papertole.co.uk/
http://www.fortunecity.de/kunterbunt/bonner/730/MissPetticoat1.html

Photo Credits: (ro)bozzy, e-bay, altri.

mercoledì 9 aprile 2008

Trent'anni fa in Italia atterrava Goldrake!

ATTENZIONE: POST MOLTO LUNGO! E' DIVISO IN PARTI, COSì CHE POSSIATE LEGGERE SOLO CIO' CHE PIU' VI INTERESSA.

4 aprile 1978, trent’anni fa, in Italia arrivava, atterrando su Rete2 (oggi Raidue), Goldrake. Ufo Robot Grendizer il vero nome del robot, diventato in Italia Goldrake perché, che io sappia, i diritti furono acquistati non direttamente dal Giappone ma dalla Francia dove il doppiaggio aveva effettuato già questa trasformazione(in Goldorak precisamente). Ma ormai per noi è Goldrake e Goldrake continuerò a chiamarlo in questo post.
Il successo, nonostante le polemiche, fu strepitoso e mi è difficile pensare ad un cartone che in Italia abbia avuto un tale seguito e un tale merchandising. Giocattoli, t-shirt, carri e maschere di carnevale, trasferibili, modellini e tutt’oggi mi capita di vedere, tra i cavalli e gli asinelli da cavalcare delle giostre per bambini, un Goldrake dalle mille luci da poter pilotare.
Un cartone eccezionale (di ben 74 puntate!) per le dinamiche, per i disegni ipertecnologici, per la particolarità dei mostri alieni, per l’interesse verso lo spazio e gli UFO, per l’ambientazione che contrappone la tecnologia spinta del Centro di Ricerche Spaziali del dottor Procton alle vaste praterie americane, per i i pantaloni a zampa di elefante degli anni 70 ma, soprattutto, per quella grandissima personalità romantica che è Actarus, con i suoi occhi sempre velati di malinconia.
La colonna sonora è ricca, le musiche grandiose. Una sigla di testa e una di coda, un tema per ogni momento saliente (il volo è scandito da Shooting Star dal sound che fa molto anni 70, il combattimento dalla colonna sonora originale giapponese) un tema per il Pianeta Terra e uno per Vega. Un tema per ogni personaggio: Actarus, Venusia, Alcor, dottor Procton. Fra gli interpreti, Fabio Concato.
Il creatore di Goldrake, Go Nagai, di cui ho avuto l’incommensurabile privilegio di stringer la mano, estimatore della Divina Commedia come ampiamente dimostrato con Devilman e Mao Dante nonché padre di colossi come Mazinga Z, Il grande Mazinga, Getta Robot e Jeeg Robot d’acciaio, è stato intervistato da TV Sorrisi e Canzoni e credo che valga la pena di pubblicare per intero l’intervista. Mai potrei, infatti, descrivere meglio del Grande Maestro quali siano i messaggi insiti nella sua opera.
Ma prima di lasciarvi all’intervista credo che sia utile – tanto per fare un po’ di chiarezza - pubblicare a grandi linee la trama di Goldrake e come essa si inserisca all’interno di una saga che comprende anche le altre serie robotiche firmate Go Nagai.


TRAMA (brevemente)
Actarus (vero nome: Duke Fleed) è il principe della stella Fleed dove regna grande pace e serenità. Finché non entra nelle mire espansionistiche di Re Vega. Le truppe di Vega invadono Fleed massacrando la popolazione e i regnanti. Actarus riesce a fuggire a bordo del suo Goldrake e viene rinvenuto sul pianeta Terra, in stato di non coscienza, dal dottor Procton, il direttore di un centro di osservazioni ufologiche, il centro di Ricerche spaziali. Dal dottor Procton viene curato (anche se le ferite del suo animo non potranno mai rimarginarsi…) e spacciato per suo figlio tornato da un lungo viaggio.
Quando anche la Terra diventa il nuovo oggetto degli interessi espansionistici di Vega (con una flotta composta da un grandissimo numero di minidischi volanti), che ha insediato una base sulla luna, Actarus decide di utilizzare il potentissimo Goldrake, un robot che vola grazie al suo Spacer, per difendere il pianeta che lo ha adottato, insieme ad Alcor, un giovane venuto dal Giappone, alla guida di un disco spaziale da egli stesso progettato e costruito.
Nei momenti di tregua, Actarus, preferisce passare le sue giornate lavorando nella fattoria di Righel, un cow-boy con due figli: Mizar e Venusia. La fattoria di Righel sarà lo sfondo dei profondi e malinconici momenti di riflessione di Actarus, momenti in cui viene fuori tutto il suo animo gentile, romantico e nostalgico, ma anche di siparietti comici.
Col tempo, Actarus ritroverà sua sorella Maria (anch’ella sopravissuta) e verrà aiutato nella terribile guerra dalla stessa Maria, Alcor e Venusia, i quali saranno alla guida di nuove e più potenti armi terresti che fiancheggeranno il goldrake.
Dopo una serie di vicissitudini con perdite gravi sia fra i terrestri che fra la flotta di Vega, la guerra giungerà al termine e Actarus e Maria potranno tornare sul loro pianeta e partecipare alla ricostruzione della stella Fleed.


LA SAGA E IL PASTICCIO DEL DOPPIAGGIO
Dunque, le storie narrate dalle varie serie robotiche del Gran Maestro non sono indipendenti fra loro, come qui in Italia abbiamo potuto credere, complice una trasmissione incurante della loro effettiva sequenza logica e una superficialità del doppiaggio che ne ha cancellato i legami.
In ordine cronologico, la prima fra tutte le serie (ma in Italia arrivò dopo Goldrake) fu Mazinga Z, il robot pilotato da Koji Kabuto, figlio del dottor Kenzo Kabuto, il responsabile del La fortezza delle scienze a cui il nome di questo blog rappresenta un tributo. Mazinga Z combatte contro la minaccia dell’impero di Mikene comandato dal Doctor Hell (Dottor Inferno) che si avvale dell’aiuto del barone Ashura, un ermafrodita con il corpo diviso tra uomo e donna da un asse verticale (idea -ripresa in Goldrake con il personaggio di Gandall – che trovo davvero rivoluzionaria!!). Il primo ingrediente del pasticcio tutto nostrano è stato quello di cambiare il nome del pilota, Koji, in Ryo.
Quando Mazinga Z, il cui limite più grande è l’incapacità di volare, non è più in grado di gestire la minaccia dei nuovi mostri meccanici, sempre più forti, arriva Il grande Mazinga. Questo sarà guidato da un orfano, Teztuya, il personaggio più impulsivo e ganzo che il mio immaginario infantile potesse concepire, addestrato negli anni precedenti a tale scopo.
Nasce una grande rivalità tra Teztuya e Koji ma quest’ultimo, a causa anche dell’inadeguatezza del Mazinga Z, sarà assente per lunghi periodi: anche gli Stati Uniti oltre al Giappone, infatti, rischiano un’invasione aliena e il dottor Kenzo Kabuto ritiene che Koji, data la sua esperienza, possa costituire un valido aiuto per le popolazioni sottoposte a questa nuova minaccia. Il secondo ingrediente del pasticcio è che nel Grande Mazinga, Koji resta Koji. Per cui uno spettatore non attento, come può esserlo un bambino, non sempre coglie la continuità.
Ma torniamo alla sequenza temporale: Koji si reca negli States e diventa un personaggio della serie Goldrake: è lui quello che il doppiaggio ha ribattezzato Alcor! Quindi: prima Ryo, poi Koji, poi Alcor. Avanti un altro!
Successivamente, negli anni 90, a affrontare il ritorno di Doctor Hell è arrivato Mazinkaiser e con lui è ritornato in auge il pilota al quale Go Nagai è probabilmente più affezionato: Koji Kabuto. Sette episodi in un cofanetto che mi vanto di possedere con tratto old-style ed una scena da orgasmo per gli appassionati: il grande mazinga che salva in extremis il mazinkaiser caduto in un vulcano.
Questi legami sono più evidenti in alcuni OAV, come Mazinga vs Goldrake, in cui i figli della ammirabile fantasia di Go Nagai si ritrovano a far fronte comune contro l’esercito del male costituito dall’ alleanza fra le varie forze nemiche. In fumetteria, inoltre, è possibile trovare alcuni cross-over che approfondiscono gli intrecci tra le varie serie, tra cui i fumetti delle Mazinger Angels, storie delle protagonisti femminili, umane e robotiche, della saga (June e la sua Venus, Sayaka e la sua Afrodite, Maria, la sorella di Actarus, con Minerva X e Venusia alla guida di Diana Alpha).
Ma ora vi lascio – finalmente - all’intervista di TV sorrisi e canzoni, reperibile al link http://www.sorrisi.com/sorrisi/diretta/art023001041878.jsp


ECCO L'INTERVISTA A GO NAGAI TRATTA DA "SORRISI":
Quel pomeriggio del 4 aprile 1978, centinaia di telefonate hanno intasato il centralino della Rai. Chi era quel mostro d’acciaio che si agitava sulla Seconda Rete? Gli adulti (alcuni) si mostravano preoccupati, i giovani (tutti), entusiasti. Così ha avuto inizio di un dibattito ancora in corso: i cartoni giapponesi sono troppo violenti? A rivedere dopo 30 anni quel «Goldrake», il primo robot giapponese sbarcato sulla tv nazionale, ci si accorge che la rappresentazione della brutalità umana serve a trasmettere un messaggio tutt’altro che violento. Lo spiega a «Sorrisi» Go Nagai, papà della serie Goldrake (che ora esce, completamente restaurata, in dvd) e di altri celebri robot come «Mazinga» e «Jeeg», protagonista di un remake appena trasmesso in Giappone. I tre robot, racconta Go Nagai, erano in realtà parte di un’unica saga. Ma in Italia hanno fatto un pasticcio…

Come è nata l'ispirazione per «Goldrake»? Ha attinto anche alla sua passione per «La Divina Commedia» di Dante?
- «Goldrake» è in origine il terzo capitolo di una saga che comincia con «Mazinger Z» e continua con «Il Grande Mazinger». Se consideriamo anche gli «spin-off», l’intera saga comprende sei serie, tra le quali anche «Jeeg Robot». Tuttavia so che in Italia sono state trasmesse come se fossero ognuna indipendente dall’altra e addirittura in ordine inverso rispetto a quello con cui furono concepite. Mi è anche stato riferito che alcuni personaggi in comune tra le varie serie, nel vostro Paese furono chiamati in modo differente da cartone a cartone: per esempio, il pilota di Mazinger Z fu battezzato Alcor in «Goldrake», Koji ne «Il Grande Mazinger» e Rio in «Mazinger Z».
Le conseguenze di ciò furono che molti italiani criticarono i miei cartoni animati perché li trovavano ripetitivi e i personaggi si assomigliavano. Purtroppo chi faceva queste osservazioni non poteva immaginare che quelli che in Italia venivano chiamati in modo differente erano in realtà un solo personaggio, o che le storie mostravano una certa somiglianza solo perché erano tutti diversi episodi della medesima saga!
Tornando alle origini di Goldrake, l’idea di un robot pilotato da un uomo seduto al suo interno nacque quando assistii a un imbottigliamento stradale e immaginai che dall’auto in fondo alla colonna uscissero braccia e gambe e cominciasse a scavalcare le vetture che la precedevano. Da questa intuizione di un robot che si «guidava» come un’automobile nacque «Mazinger Z»; il suo successore fu «Il Grande Mazinger» e quindi nacque «Goldrake», che univa all’idea del robot gigante quella degli Ufo, tema verso il quale c’era un grandissimo interesse verso la metà degli anni Settanta. Quanto alle influenze occidentali, amo molto la mitologia greca e latina e i classici della letteratura italiana, come «La Divina Commedia» che ho anche trasposto in manga; tuttavia nel caso di Goldrake queste influenze sono molto limitate e il suo design si ispira molto più alle armature degli antichi guerrieri giapponesi che non a motivi europei.


In «Goldrake», come in «Jeeg», le giovani generazioni di terrestri devono porre rimedio ai danni provocati dagli adulti. Qual è il significato di questa scelta?
- Il messaggio in comune a tutte le mie serie è che il mondo degli adulti riserba grandi sfide, sofferenze e avversità, e che quindi i giovani devono trovare il coraggio e la forza di affrontarle e di combattere le ingiustizie senza mai perdere di vista i propri ideali e i propri principi morali. I giovani hanno un forte senso della giustizia e della fratellanza, ma purtroppo quando si diventa adulti ci si abitua ai compromessi, ai pregiudizi, alla discriminazione. Per questo nei miei manga la potenzialità di cambiare il mondo è riposta nelle mani dei giovani, siano essi terrestri come il pilota di Mazinger Z, extraterrestri come Actarus di «Goldrake» o esseri umani che però sono stati trasformati in macchine come Hiroshi di «Jeeg Robot».


Quando «Goldrake» è arrivato in Italia, è stato accusato di essere un cartone troppo violento, e di istigare alla violenza i bambini. Ha ricevuto la stessa accoglienza in Giappone? Come risponde a queste accuse? Che valore aveva quella rappresentazione della violenza?
- Credo che in Italia «Goldrake» abbia ricevuto una tale accoglienza soprattutto perché fu il primo cartone animato giapponese ad andare in onda, e utilizzava stilemi nuovi, addirittura rivoluzionari per il pubblico italiano. Come tutte le cose nuove, venne dunque accolto con sospetto e avversione, cosa che in Giappone non accadde.
In realtà la rappresentazione della violenza in «Goldrake» è legata a doppio filo con la necessità di trasmettere in modo convincente il messaggio che citavo nella risposta precedente: la società degli adulti è spesso ingiusta, violenta, discriminatoria, immorale; ma è un ambiente in cui chi oggi è bambino dovrà comunque entrare. Non ritengo adeguato allevare i nostri figli nella bambagia, perché una volta diventati adulti si troveranno ad affrontare un mondo che non è certo tutto rose e fiori; e un bambino che non conosce gli effetti della violenza, il dolore che causare l’umiliazione può del prossimo, la catena d’odio che può generare la sopraffazione, rischia di ricorrere a questi orribili espedienti senza rendersi conto di quanto essi siano atroci.
Nei miei cartoni la violenza è usata per mostrare il dolore di chi la subisce; quando Actarus soffre a causa della brutalità degli invasori, i bambini soffrono con lui, e imparano così che la prepotenza causa solo disperazione. Non è un caso che nei miei cartoni la violenza venga sempre dagli adulti e che i giovani oppongano a essa la forza gli ideali, la determinazione, l’amicizia e lo spirito di gruppo. Così come non considero un caso che Goldrake, Mazinger e gli altri miei personaggi, che combattono per la libertà e l’autodeterminazione, abbiano avuto un’accoglienza incredibile in Paesi come l’Italia o la Francia, che hanno affrontato nell’ultimo secolo sanguinose guerre di resistenza e i cui abitanti hanno imparato con le lacrime e il dolore l’importanza di questi ideali.

In Italia, la polemica sui cartoni violenti non si è mai spenta. Prima era «Goldrake», poi «Dragon Ball» e i videogame. Qual è la sua opinione in proposito? La violenza rappresentata oggi nei cartoni animati è eccessiva, può essere nociva? E quella dei videogame, o di altri programmi televisivi?
- Credo che si debba distinguere tra la violenza a livello grafico, fine a se stessa, e quella che sottende invece un messaggio preciso. Come dicevo, nei miei cartoni animati la violenza è una rappresentazione del dolore e delle ingiustizie che l’umanità rischia di soffrire quando perde di vista ideali come la giustizia e la fratellanza. Dai miei numerosi incontri col pubblico italiano ho avuto il piacere di constatare che i miei fan, che erano bambini quando guardavano «Goldrake» o «Jeeg Robot» in televisione, hanno saputo cogliere perfettamente questo messaggio e riconoscere la superficialità dei commenti di chi accusava quei personaggi di essere violenti.
Detto questo, non posso fare a meno di constatare che negli ultimi anni c’è stata un’escalation nella rappresentazione della violenza fine a se stessa, slegata da qualsiasi messaggio. La violenza, la brutalità, la coercizione non sono e non possono mai essere valori «positivi». Ma purtroppo, quando manca un messaggio di fondo o la presenza di un genitore o di un educatore che aiuti i più piccoli a comprendere le conseguenze dei comportamenti violenti, rischiamo di creare giovani incapaci di interelazionarsi con gli altri.
Ritengo comunque che sia necessario non fare di tutta l’erba un fascio: anche la Bibbia narra episodi di efferata violenza come quello di Caino e Abele, ma quella rappresentazione cruda della brutalità umana è funzionale alla trasmissione di un messaggio di pace. Allo stesso modo, quando si analizza un film o un cartone animato, bisogna sempre saper valutare con attenzione qual è il messaggio che esso sottende, senza soffermarsi al solo livello grafico.

«Goldrake» e «Jeeg» sono i prototipi della fantascienza robotica in tv. immaginava che avrebbero aperto la strada a un genere? Come giudica le evoluzioni, per esempio i «Transformers»?
- Sinceramente non mi aspettavo un simile successo. Come dicevo, da «Mazinger Z» fino a «Jeeg Robot», passando per «Goldrake» o «Getter Robot» («Space Robot« in Italia), tutti i miei personaggi si muovono all’interno dello stesso universo, spesso interagendo tra loro; non mi sarei mai aspettato che altri autori avrebbero ripreso il medesimo concetto per creare nuove serie o nuovi universi.
Riguardo ai «
Transformers», sono personaggi che condividono con i miei il concetto del robot gigante, ma che essenzialmente sono privi dell’elemento che invece per me è fondamentale, vale a dire la presenza di un essere umano che li pilota. Fondamentale perché è l’uomo a dare l’anima al robot: Goldrake è il difensore della giustizia perché a pilotarlo è un giovane coraggioso e integerrimo come Actarus, ma se alla guida ci fosse una persona malvagia, si trasformerebbe in un demone distruttore. E qui mi ricollego all’importanza del messaggio che intendo trasmettere: quando ci si trova ad avere tra le mani una potenza incredibile come quella di Goldrake, è solo la fermezza dei propri ideali a determinare se si diventerà un despota o un benefattore.

La fantascienza robotica ha ceduto il posto al Fantasy. Secondo lei, perché? Quale pensa che sarà la prossima evoluzione?
- Direi che la fantascienza in generale ha sofferto un forte calo di interesse, che credo sia dovuto a diversi fattori: per esempio, gran parte della fantascienza del secolo scorso guardava al 2000 come anno di svolta, in cui il mondo sarebbe diventato un paradiso pacifico governato dalla tecnologia. In realtà, arrivati al 2000, ci siamo accorti tutti che la realtà non era molto diversa da come lo è stata fino al 1999; inoltre il fatto che, nonostante l’evoluzione della scienza e della tecnologia, gravi problemi come la fame, la povertà, i diritti civili e la libertà dei popoli non sono ancora stati risolti e che sui nostri figli pende la spada di Damocle del disastro ambientale, ha portato gli uomini a nutrire un forte pessimismo verso il futuro.
Quindi, se una volta la speranza di un mondo migliore era affidata al «futuro» narrato nei racconti di fantascienza, ora ci ritroviamo a proiettare le nostre speranze in mondi completamente e consapevolmente di fantasia. Purtroppo queste forme di «fuga dalla realtà« sono sempre più frequenti nell’entertainment e nei gusti del pubblico e dubito che, fintanto che sarà il pessimismo a dominare la nostra visione del mondo, ci saranno grandi cambiamenti o evoluzioni.

Cosa pensa dei film di Walt Disney, e dei nuovi lungometraggi in 3d della Pixar? Qual è il futuro dei cartoni animati, il 3d?
- Sono tecnologie incredibili, che lasciano spazio a infinite potenzialità. In Giappone ci si è mantenuti più legati a una rappresentazione bidimensionale, credo anche per retaggio culturale: mentre in Europa si studiava la prospettiva, nel mio paese si evolveva uno stile semplificato e lineare che avrebbe portato alle famose «stampe giapponesi«. Noi orientali tendiamo a «ridurre« la realtà in un numero il più possibile limitato di segni, disposizione mentale che ci ha portati anche a sviluppare le microtecnologie; in occidente si persegue invece la riproduzione fedele della realtà. Sono due concezioni dell’arte che hanno entrambe pregi innegabili e limiti invalicabili, perciò è davvero impossibile determinare quale delle due sia migliore.
FINE DELL'INTERVISTA



CURIOSITA' SU GOLDRAKE:
1. In Giappone, dietro alla produzione di cartoni animati c’è una fiorente industria del giocattolo. Questo ha influenzato le caratteristiche del Goldrake: a Go Nagai, la Bandai, produttrice di giocattoli, chiese espressamente che il nuovo robot, Goldrake appunto, avesse le gambe più corte (e fosse quindi più tozzo) del più slanciato mazinga. In maniera che il modellino si reggesse meglio in piedi.

2. Ci fu un'interpellanza parlamentare proposta dal senatore Silverio Corvisieri che chiedeva di cancellare Goldrake dai palinsesti televisivi inseguito alle proteste dei genitori che ritenevano il cartone di eccessiva violenza. Tale richiesta non fu accolta.

3. Più recentemente è stato prodotto un anime General Daimos. In Italia, è stato collegato a Goldrake, benché le due serie non avessero nulla a che fare, con un film montaggio dal titolo “Daimos il figlio di Goldrake” i cui protagonisti vengono fatti discendere, in maniera piuttosto forzata, da Actarus.


SUCCULENTI LINK:

PREQUEL (di altissimo livello!) a Goldrake realizzato da bravissimi grafici italiani
Simpatico omaggio a Go Nagai: Mucca Goldrake
Bellissimo filmato con tutti i robot di Go Nagai
http://www.goldrake.info/
http://www.uforobots.net/
La nuova serie di Jeeg


MUSICHE E VIDEO:
COLONNA SONORA GIAPPONESE (sequenza uscita Goldrake)
SIGLA DI APERTURA - UFO ROBOT
PRIMA SIGLA DI CHIUSURA - SHOOTING STAR
SECONDA SIGLA DI CHIUSURA - GOLDRAKE
VENUSIA cantata da Domenique Ragazzoni
ALCOR cantata da I MICRONAUTI
PIANETA TERRA cantata da I MICRONAUTI
VEGA cantata da I MICRONAUTI
RIGEL cantata da I MICRONAUTI
DOCTOR PROCTON (medley delle precedenti)

sabato 5 aprile 2008

METEORE: IRIDELLA

Per salvare i colori dal Grande Buio che se li stava letteralmente divorando, Lucilla fu inviata in missione speciale in un luogo fantastico a metà strada tra il cielo e la terra: il Paese dell’Arcobaleno. Grazie al suo intervento la bambina (terrestre), divenuta Iridella per gli amici, riesce a mantenere vivi e brillanti tutti colori: in groppa a Stella Bianca il suo fedele destriero parlante, galoppa l’arcobaleno cospargendolo di magica polvere di stelle (molto probabilmente trattasi della stessa sostanza che rende allegra la piccola Pollon). A dare del filo da torcere alla paladina dei colori saranno due brutti ceffi : Murky Cupo e Lurky Gufo che vorrebbero uno spento mondo grigio, ma Iridella aiutata da pelosi folletti operai (estraggono la polvere dalle miniere di cristalli colorati) riuscirà a vincere il bianco e nero per regalarci un mondo in technicolor.

Dopo tutto ciò, chi ancora non dovesse ricordarsi di Iridella è pregato di inginocchiarsi sui ceci e fare 20 piegamenti sulle braccia, dopodiché Jem, anche Iridella divenne una delle bambole della Mattel più richieste negli anni ’80, tant’è che tutt’ora su Ebay i collezionisti le vendono a cifre da capogiro, se qualcuno di voi ricordasse di avere una Rainbow Brite (questo è il nome originale di Iridella) richiusa in qualche scatola in soffitta, sarebbe il caso che andasse subito a liberarla, le desse una vigorosa spolverata e la mettesse all’asta: Iridella potrebbe rinverdire i conti in rosso.

Per anni ho dormito con un popples (rigorosamente fucsia) ridotto in brandelli dal mio cane 30 secondi dopo aver imparato a saltar sul letto, ho anche il bel ricordo di un Monciccì del quale si sono perse le tracce, purtroppo però non ho mai posseduto una Jem o una Iridella dalle quali oggi avrei sicuramente tratto gran profitto. Un angelorso rosa potrebbe valere qualcosa?

Non solo bambole hanno fatto seguito al successo di Iridella, dalla prima serie animata ne è stato tratto un film (un cartoon movie intitolato "Iridella e il ladro di stelle" trasmesso anche in Italia) e vari gadget per la scuola: zaini, cartelle e quaderni, ma la cosa più bella è sicuramente il vestito di carnevale che da oggi entra di prepotenza nella mia wish-list, prima della T-shirt di Jem ma dopo il costumino di Wonder Woman.


Photo credit: Nijiarain.com

martedì 1 aprile 2008

Grandi risate con lo squadrone avvoltoi


La visione del cofanetto contenente tutte le puntate a cui mi sto dedicando, mi ha fatto venire la voglia di scrivere un intero post tutto dedicato a Dastardly e Muttley alle prese con il piccione viaggiatore Yankee Doodle.
Ne saranno contenti tutti coloro che giungono a questo blog, usando come chiave di ricerca la combinazione “Muttley medaglia medaglia medaglia” che, dalle statistiche di cui disponiamo, risulta essere, insieme a “trama di Georgie”, quella di gran lunga più usata.
Dastardly, Muttley e lo squadrone avvoltoi (Dastardly, Muttley in their flying machines) è nato dalla geniale mente di Hanna & Barbera come spin-off del mitico Wacky Races, le corse più pazze del mondo. Questa volta il diabolico Dastardly e l’infedele cane Muttley, a bordo di stravaganti velivoli prima-guerra-mondiale-style, devono acciuffare il piccione viaggiatore Yankee Doodle per impedirgli di fare arrivare a destinazione un importante messaggio militare, che potrebbe decidere le sorti della guerra (probabilmente il riferimento è alla guerra di secessione americana: yankee doodle dovrebbe essere al servizio dell’esercito nordista e lo squadrone avvoltoi di quello sudista).
Ad accompagnarli in queste fallimentari imprese, Klunk e Zilly, due personaggi davvero ben riusciti, che danno una marcia in più alle incredibili e divertenti storie.
Klunk è l’ideatore e il costruttore delle singolari trappole, applicate agli aerei, che dovrebbero portare alla cattura del piccione viaggiatore: enormi guantoni da boxer, martelli giganti che battono su colossali incudini, retini cattura-farfalle, vernici che rendono invisibili…. Trucchi di una ingenuità disarmante che, probabilmente proprio per questo, sono capaci di far ridere i piccini ma anche i grandi. Klunk parla in maniera incomprensibile e ha una mimica facciale che fa restare basiti. Zilly è il fifone della compagnia (a volte, le sue paure saranno la causa del fallimento della missione) ed è caratterizzato da un continuo tremore che lo porta anche alla balbuzie. E’ un elemento fondamentale della squadra perché è l’unico a comprendere i discorsi di Klunk e a poter illustrare, quindi, il principio di funzionamento delle infernali trappole messe a punto da quest’ultimo.
Il personaggio di Muttley, già conosciuto in Wacky Races per il suo opportunismo e infedeltà, trova in questo spin-off la maniera di esprimersi al meglio. La sua obbedienza agli ordini di Dastardly è fondamentalmente legata alla possibilità di ricevere delle medaglie (di qui il tormentone “Medaglia, medaglia, medaglia!”), da portare, orgogliosamente, appuntate sul petto ma la ribellione è dietro l’angolo e, quando le medaglie tardano ad arrivare, sa diventare anche molto vendicativo. Approfitta dei pericoli corsi da Dastardly (“Muttley, fa qualcoooosa!!”) per spillargli nuove medaglie e, senza pudore, ride delle sue disgrazie (“Accidenti, doppio, triplo accidenti!”) mostrando l’ormai mitico ghigno beffardo. Insomma, Muttley incarna tutto ciò che in genere un vero cane non è.
C’è un ulteriore personaggio di cui lo spettatore conosce solo la particolarissima inflessione della voce: è il Generale, irascibilissimo, colui da cui è partito l’ordine di catturare il piccione viaggiatore e che, ad ogni fallimento, fa sentire la sua disapprovazione da un qualche telefono che spunta dai posti più improbabili (addirittura, dal tacco della scarpa di Dastardly!).
Ogni puntata si articola in quattro parti: la prima e l’ultima mostrano le avvincenti missioni dello squadrone avvoltoi. Tra queste due parti c’è uno spin-off nello spin-off, Magnificent Muttley, che racconta uno dei tanti sogni ad occhi aperti del pulcioso cane. A volte è Giacomino, il protagonista della favola del fagiolo magico, a volte è un cavaliere medievale senza paura impegnato a liberare la sua bella, a volte un intrepido corsaro. Tutti i sogni terminano con un Muttley, che sognando di sbaciucchiare la cagnetta dei suoi desideri, sbaciucchia la mano di Dastardly che, per punirlo, gli ritira tutte le medaglie.
Nel corso di questa parte viene spesso omaggiata la serie Wacky Races con la presenza sullo sfondo (o raffigurata in qualche quadro) della gloriosa 00 guidata da Dastardly. C’è poi una altra piccola parte, Wings Ding, costituita da brevi sketch comici.
Una serie divertentissima dove i grandissimi Hanna & Barbera superano sé stessi. Un azzeccatissimo mix di storie, personaggi, stranezze e musiche di sottofondo, con una colonna sonora “Stop that pigeon!” (avete presente lo spot di The Original Marines?) sicuramente nota anche a tanti che il cartone non l’hanno mai seguito.
Sono state realizzate 39 puntate, i cui titoli non sono stati tradotti in italiano: del resto, si tratta di giochi di parole e la traduzione non renderebbe merito alla loro genialità.
Ecco l’eccezionale sigla, cantata dallo stesso Dick Dastardly, pescata per voi da youtube.





Per ascoltare l’audio vi suggerisco di mettere in pausa il music player che trovate nella sidebar a destra.




Photo Credits: http://www.hotink.com/wacky/dastrdly/