sabato 21 agosto 2010

Il tempo non fa il suo dovere. QUANTUM LEAP visto oggi.


Si sa: a volte, rivedere in età adulta ciò che si è amato in tenera età può riservare delle brutte sorprese. La frustrazione post-recupero mediatico è qualcosa che gli amanti di libri, film, musica, fumetti, serie tv ed altri manufatti artistici e culturali imparano presto a conoscere.
Del resto, se un prodotto è buono, è difficile che crei questo penoso effetto. Film come Mary Poppins, Forrest Gump o Shining (giusto per spaziare di genere) non sembrano invecchiare mai. Ad ogni visione, anzi, è possibile cogliere nuovi particolari, finezze di sceneggiatura, persino maggiore spessore nei personaggi. E questo vale in tutti gli altri ambiti delle categorie sopra citate.

Per questo mi duole ammettere, dopo tanti anni trascorsi a recuperarne ordinatamente e mooolto pazientemente tutti gli episodi, di aver fatto male in fin dei conti a voler rivedere una delle mie serie preferite dell'infanzia: QUANTUM LEAP, in Italia noto anche col nome IN VIAGGIO NEL TEMPO.
In essa si narra dei viaggi temporali di uno scienziato che, per un errore, viene catapultato nelle vite di persone del passato per cambiare (in meglio) il corso delle loro esistenze, sperando sempre che il salto successivo sia verso il suo presente. Io lo ricordavo con molto affetto soprattutto per la bellissima puntata finale, della quale ho parlato in questa sede tempo fa. Ma anche per l'accuratezza nella ricostruzione di scenari e costumi delle varie epoche affrontate, per alcuni personaggi impersonati dal protagonista, e in generale per la sottotrama che procedeva parallelamente alle storie singole.
Rivedendo il telefilm ora, non ho ritrovato quasi nulla di tutto ciò.
Le puntate sono ambientate quasi tutte fra gli anni 50 e 60, il che rende in qualche modo molto più semplice di quanto ricordassi la resa dell'ambientazione. Della sottotrama principale si può dire che tutto si riduce a pochissime puntate davvero dense, ovvero quelle dedicate al passato del protagonista Sam Beckett e del suo amico "ologramma" Al Calavicci.
Mi ricordavo anche un epocale episodio doppio dedicato all'assassino di Kennedy, ma riguardandolo ora mi è sembrato solo un reazionario tentativo di screditare goffamente le tesi complottiste che sono sorte (a ragione) nel corso degli anni sulla vicenda di Harvey Lee Osvald.
Non solo: l'intera serie è pervasa da un bigottismo moralista in salsa cattolica che farebbe la gioia di tutta l'UDC. Pochissime ambiguità, pochissimi dilemmi etici. Molti temi sociali, per carità, ma trattati con un tale amore per lo stereotipo ed il paternalismo da rendere spesso ridicoli anche i momenti più seri.
Pensare che negli stessi anni andava in onda anche una serie matura e "avanti" come Star Trek The Next Generation fa quasi sorridere...

E poi - piccola nota personale - credo che nel mio appartamento si sia verificato l'unico caso nazionale di scenario con coinquilini che, per tormentone casalingo, imitano fra loro la voce italiana scattosa ed incerta di Scott Bakula e quella goliardica ed allarmista di Al, con tanto di dialoghi moralisti applicati a contesti improbabili della (nostra) vita quotidiana.

Meglio così. Del resto, anche questo si sa: a volte la parodia (attiva o passiva) può essere ricordata con molto più affetto della fonte originale.

3 commenti:

Zion ha detto...

anche io adoravo Quantum Leap...peccato rivederlo a distanza di tempo e trovarlo molto meno brillante di come lo ricordassi. Trovo il tuo post molto veritiero...a proposito, peccato non scriviate più spesso :)

Anonimo ha detto...

okkei, é una precisazione che nulla aggiunge e nulla toglie al segnare il tempo di questa serie, od al suo buonismo di fondo (ma c'é di peggio); solo per precisare che i "salti nel tempo", spiegati attraverso un cervellotico e non molto chiaro richiamo alla meccanica quantistica, non possono oltrepassare i limiti temporali della vita del dottor Becket! Insomma, impossibili episodi nel selvaggio west! Certo, Life on mars ha tutta un'altra "sensibilità", d'altronde sono cambiati codici, fruitori e possibilità espressive.

Cinevisioni77 ha detto...

Proprio in questi giorni mi sto rivedendo gli episodi in ordine cronologico e cercando per la rete qualche informazione sulla serie per rinfrescarmi la memoria ho trovato questo articolo.E non concordo pressoche su nulla.Rivedendola mi sta piacendo come e forse più di quando la vidi 20 anni fa,non la trovo affatto moralista nè bigotta e mi sembra che qui si confonda l'altruismo con il moralismo e il bigottismo che sono ben altre cose...esiste al mondo gente altruista che si spende per gli altri e Sam ne è l'esempio perfetto.Io al suo posto ragionerei e farei le stesse identiche cose che fa lui se mi fosse data la possibilità da una forza sconosciuta che può essere tutto da dio al tempo a chissà che cosa.Per me è e rimane una delle più belle serie mai prodotte,vuoi per l'idea,vuoi per le ricostruzioni storiche pressoche perfette,vuoi per gli ottimi due protagonisti(Al è fantastico e divertentissimo).Riguardo poi all'episodio di Oswald so che per quella vicenda come per altre è molto più consolante pensare a dei complotti piuttosto che a uno psicopatico isolato(come dice anche Al)ma magari a volte le spiegazioni degli eventi possono essere molto più banali di quanto si pensi.